Il corpo, in contrapposizione alla cultura che tende a narrare l'arte come luogo di una visione rasserenante, dolce, pacificata, approfondimento attraverso un collegamento della danza con le arti visive.
La civiltà dell'immagine non sopporta il sangue, la malattia, la vecchiaia, e così come nasconde i malati e i vecchi, allo stesso modo opera una sistematica sparizione della morte, che viene nominata e guardata solo nelle immagini legate all'omicidio, o in generale alla catastrofe di cui è conseguenza.
Un corpo, quello dell'arte contemporanea, che nella sua iconografia meno prevedibile assume su di sé le tensioni di una tradizione di immagini che hanno deciso di mostrare i segni di una lacerazione, di un distacco, di una frattura.
Tre interpreti di tre generazioni diverse (30, 40 e 60) ci raccontano i segni di un corpo ferito, corpi osservati, studiati, divisi in categorie rigide che non fanno altro che dare risalto al valore assegnato alla "norma", al "bello", al "giovane", al "sano", escludendo anomalie e differenze.
CORPI DI DONNE ingabbiate dalla cultura in scatole.